“Ho reso pubblico il caso del detenuto nigeriano trasferito dal carcere di Cremona nel “nostro” Centro per il rimpatrio, e risultato poi positivo al Covid-19. A un sindaco spetta vederci chiaro e tutelare il diritto alla salute di tutti, dei cittadini, dei lavoratori e dei reclusi”.
Linda Tomasinsig è la sindaca di Gradisca d’Isonzo, democratica, 45 anni, biologa. Ha denunciato in un post su Facebook una situazione che rischia di diventare fuori controllo, quella dei due centri di Gradisca, il Cpr dove si trattengono gli immigrati irregolari in vista dell’espulsione e il Cara, per i richiedenti asilo. Ha scritto una lettera ai ministri dell’Interno
Luciana Lamorgese e della Salute,
Roberto Speranza, al prefetto di Gorizia
Massimo Marchesiello e al governatore del Friuli,
Massimiliano Fedriga. Il Cpr di Gradisca è anche oggetto di un’interrogazione parlamentare del deputato
Riccardo Magi di +Europa. Nella zona di confine di Gorizia, il coronavirus acuisce l’emergenza.
Sindaca Tomasinsig, il Cpr è un’emergenza nell’emergenza?
“Dove c’è promiscuità la situazione si aggrava, è evidente. Ma soprattutto io ho chiesto e chiedo che il livello di sicurezza dal punto di vista sanitario del Cpr sia massimo. E poi va affrontato dal governo il problema delle uscite dal Cpr per decorrenza dei termini, come è accaduto nelle settimane passate, perché anche lì le cose finiscono fuori controllo”.
Ma i rifugiati e i richiedenti asilo non saranno messi in mezzo alla strada, anche se il tempo di permanenza nei centri ad hoc è scaduto.
“Così sembra. Il mio allarme infatti è per il Centro di espulsione degli irregolari, il Cpr, che attualmente ha 45 reclusi e vi lavorano decine di persone”
Cosa è successo esattamente nel Cpr di Gradisca?
“Da dicembre è stato aperto questo Centro per il rimpatrio. Qui peraltro a gennaio è morto un detenuto ed è stata aperta un’inchiesta. Ci sono state rivolte, tentativi di suicidio, atti di autolesionismo. La tensione è alta. E nelle scorse settimane dal carcere di Cremona è stato trasferito un detenuto nigeriano, in attesa appunto dell’espulsione. Stava male. E’ risultato positivo al Covid-19, mi è stato garantito che è stato messo in isolamento. Poi è stato trasferito in ospedale. Ho reso pubblica la vicenda perché non si scherza con la salute di nessuno, sia di chi sta dentro recluso, che dei lavoratori – che vanno e vengono – e della cittadinanza tutta di Gradisca”.
Secondo lei non c’è abbastanza sorveglianza sanitaria?
“La sorveglianza deve essere massima. Il Cpr va monitorato ancora di più dello stesso Cara, ovvero del centro per i rifugiati e richiedenti asilo, limitrofo, dove ci sono 180 migranti. Ma quello che io temo, e su cui sto cercando di richiamare l’attenzione, è: cosa succede ai reclusi se, scaduta la decorrenza dei termini, vengono messi fuori”.
Cosa ha scritto esattamente a Viminale e al ministero della Salute?
“Ho lanciato l’allarme. Il progressivo rilascio per decorrenza dei termini delle persone trattenute, che d’altra parte non possono lasciare il territorio nazionale per la chiusura dei confini, come si gestisce? Vagano e dormono all’addiaccio? Quali sono le loro condizioni di salute? Sono stati in precedenza in quarantena o lo devono essere? O vale anche per loro il non rilascio? Per noi la difficoltà è enorme e non abbiamo neppure le informazioni complete”.
I contagi a Gradisca sono molti?
“Sono dieci su 6.500 abitanti, per fortuna. In generale in Friuli Venezia Giulia l’emergenza coronavirus pur grave, lo è meno che nelle regioni più colpite della Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. I nostri cittadini si sono armati di molto senso civico e rispettano le ordinanze di contenimento”.
Lei ha varato misure particolari?
“No, ho recepito quanto governo e Regione hanno deciso. Onestamente non c’è bisogno di moltiplicare la confusione”.