25 novembre.
E POI COSA RESTA? E POI COSA SI FA?
Facciamocela questa scomoda domanda. Perchè è cruciale.
E’ passato poco più di un anno dall’onda d’urto del femminicidio di Giulia Cecchettin, che ha steso tutte e tutti. Ma in Italia viene tuttora disattesa la Convenzione di Instanbul, anche nel suo invito ad agire introducendo percorsi strutturati di educazione e formazione in contrasto alla violenza di genere. Un anno fa il ministro Valditara annunciava un piano per avviare gruppi di discussione nelle scuole (ndr, solo quelle superiori tra l’altro). Dopo un anno di questo piano non vi è alcuna traccia.
Sembra invece ci si sia molto prodigati a negare l’esistenza del patriarcato, a diffondere dati statistici su chi agisce i femminicidi, nascondendo che il problema più grande del fenomeno nasce tra le mura di casa con partner o ex partner della vittima. Un anno di passi indietro per la parità. Non a caso è raggelante scoprire che ad oggi il 30% dei giovani crede che la gelosia sia una “dimostrazione di affetto” e la percentuale cresce al 45% tra i 14 e 15 anni. Che sembriamo ripiombati a dover spiegare da zero che l’amore non è possesso.
Attorno al 25 novembre 2024 guardiamo le tante iniziative supportate e agite dai territori, dalle amministrazioni, dalle associazioni, dalle più diverse realtà. Siamo qui a correre per riempirle e parteciparle. Con convinzione. E siamo nelle piazze, con le tante donne, molte giovanissime, accompagnate fortunatamente anche da uomini. Sono piazze animate da impegno, dissenso, bisogno di credere a un reale cambiamento nelle politiche di genere e nelle conseguenti azioni in questo nostro paese, per non aver più paura nemmeno di amare.
Siamo qui oggi a contare ancora la mattanza di una donna uccisa ogni tre giorni, mentre al Governo ancora si pensa come attuare idee di un anno prima. Ascoltiamo invece le piazze e le tante storie di donne, che hanno avuto il coraggio di interrompere la catena dell’odio.
Serve, mentre camminiamo assieme a loro, un cambio di passo reale. Che deve partire dal saper dare voce e lasciare spazio, anche nel nostro partito, alle donne. Alle giovani donne e ragazze che tanto hanno da trasmettere, insegnare, indicare. Ma devono essere spazi reali, funzionali, e uscire dagli ambiti della cura.
Da qui al prossimo 25 novembre, cosa può cambiare?
Parta da noi una rivoluzione di pensiero.
Dovremo imparare davvero a fare rete, anzi, una grande alleanza. Dovremo imparare a rinunciare, forse, a qualche spettacolo in teatro e a qualche palcoscenico, mirando a una diversa destinazione delle risorse. Tanto economiche quanto umane. Così da ottenere qualcosa di più importante. Potremo restituire di certo un servizio molto più utile all’urgente cambiamento che – per una volta almeno – non lasci tutto il peso sulla scuola, come in molti tendono a fare, senza darle alcuno strumento in più dei pochi che già ha. La nostra comunità democratica può fare davvero la differenza agendo un cambio di passo a partire dai territori. Può farlo favorendo un’azione strutturata di educazione al rispetto, di superamento degli stereotipi, di formazione e informazione su tutto l’arco dell’anno. Per una nuova cultura sociale, che va seriamente ricostruita.
Buon lavoro a tutte, con spirito di sorellanza.
Francesca Colombi
Pari Opportunità – Segreteria Provinciale PD Gorizia